02 What happens in Lucca comes out of Lucca
Sui boicottaggi, i festival, l'anniversario degli Avengers, il finale di Loki s.2 e su Common People
Rieccoci. Da questo appuntamento comincio a numerare la newsletter: che sia di buon auspicio per arrivare almeno alla doppia cifra.
Prima di parlare di fumetti in senso stretto, parliamo di una cosa intorno ai fumetti.
Gli omaggi di Tomer Anuka ai capolavori di Stanley Kubrik, in mostra a Palazzo Ducale durante Lucca Comics & Games
Cosa è successo la settimana prima
Non è più un segreto, visto che in molti l’avevano saputo da altri, che Zerocalcare lo ha detto pubblicamente nel suo fumetto uscito pochi giorni fa, e che è stato pubblicato un pezzo sul Manifesto. Inoltre, stimolato dal dibattito, ne ho parlato io stesso in pubblico.
Comunque sia, giovedì 26, mentre ero a Palermo per una bella esperienza di laboratori e incontri nelle scuole di Ballarò, ho scambiato diverse telefonate con Michele Rech meglio noto come Zerocalcare. Non posso dire che siamo “amici”, ma di certo buoni conoscenti: le nostre strade si sono incrociate in vari festival e pubblicazioni sin dall’inizio delle nostre carriere. Agli albori, per dire, pubblicammo sulla stessa antologia di Beccogiallo e Sherwood Festival, Zero Tolleranza, nel lontano 2008. Di certo c’è una sincera stima reciproca, cosa che mi ha permesso anche di ironizzare sul suo conto sulle pagine di Salvezza (se siete lettori attenti o di buona memoria non vi sarà sfuggito).
Michele si chiedeva se avessi qualche idea su come replicare alle prime contestazioni che avevo ricevuto sui social riguardo al patrocinio dell’ambasciata di Israele a Lucca Comics & Games. Pensate che se io ne avevo ricevute dieci, lui probabilmente ne aveva ricevute cento o più (e qualcuna me l’ha fatta leggere: gente, state male). La mia proposta fu subito quella di una lettera aperta: entrambi concordavamo sulla necessità di partecipare al festival per varie ragioni, anche di rispetto verso i lettori e i nostri editori, ma volevamo mettere nero su bianco il nostro prendere le distanze da Israele e ricordare il massacro in corso a Gaza. Da parte mia, essendo collaboratore di Lucca Comics & Games, sapevo che mi era permessa totale libertà di parola ed espressione. Avevo già chiesto chiarimenti ai miei contatti lucchesi sulla natura di quel patrocinio: un patrocinio non oneroso legato alla presenza di due bravissimi autori israeliani, Tomer e Asaf Anuka, protagonisti di una mostra (splendida), autori di un manifesto (efficace) e per di più dissidenti nei confronti del governo di Netanyahu. Vale la pena ricordare, in questa fase, che il logo del patrocinio era presente sul manifesto da giugno, che Israele è uno stato occupante da ben prima del 2023 e che un’ambasciata non rappresenta un governo – in ogni caso – ma un paese e un popolo. In una prima fase, inoltre, l’idea di boicottare serpeggiava sopita ma io non l’avevo valutata. Nelle ore successive abbiamo ricevuto interesse da parte di altri colleghi (pochi, ma tutti concordi) e man mano che il cerchio tendeva ad allargarsi stavamo approntando una lettera.
Nel corso della giornata, però, i dubbi di Michele si sono fatti sempre più pesanti. Lo spiega a dovere nel fumetto linkato qui sopra (tie’, ve lo rimetto qui), e sin da subito gli ho detto che avrei compreso e appoggiato qualunque sua scelta. E viceversa: posso dire di averlo sentito molto combattuto, sincero e dispiaciuto. Chi osa dire che fosse tutta una strategia di marketing o un tentativo di “tenere buona” una parte del suo pubblico, semplicemente, dice una cazzata irrispettosa. A sera, mi ha comunicato che avrebbe boicottato per ragioni anche molto personali: in quel momento le nostre strade e strategie si sono rispettosamente divise. Purtroppo, nel frattempo, una fuga di notizie ha portato un giornalista del Manifesto a scrivere un pezzo basato sulla bozza della lettera aperta che stava circolando. L’indomani è uscito il pezzo, stranamente non firmato (unico motivo per cui non riporto chi sia stato a scriverlo), che ci ha messo in seria difficoltà, non lo nego: qualcuno nelle ore si aspettava la lettera e ci ha sollecitato in tal senso, forse per sostenerci, forse per farci le pulci, forse per dirci cosa avremmo dovuto fare. Inoltre, gli stralci pubblicati erano parziali e imprecisi. Ovviamente, nessuno mi ha contattato prima o dopo la pubblicazione sul quotidiano per chiedermi chiarimenti, sebbene il mio nome fosse l’unico nero su bianco insieme a quello di Zerocalcare e Maicol & Mirco.
Lo preferivo come cuoco
Nel frattempo, su Twitter in particolare, orde di utenti anonimi mi inviavano insulti e mi invitavano a boicottare. Alcuni di questi erano stati fomentati da Chef Rubio, tipo che mi stava anche simpatico prima della sue deriva da troll rossobruno di Twitter. Rubio e i suoi seguaci volevano dire a me (e ad altri come Gianluca Costantini, Astutillo Smeriglia e Michele, tutti presi di mira compulsivamente dal troll in chef) come comportarci nel nostro lavoro. Tra questa valanga di odio e l’assenza di Michele, confesso che mi sono sentito scoraggiato e non ho voluto dar seguito alla lettera. Tra l’altro, ero certo che senza il nome di Zerocalcare a far da traino non avrebbe avuto di certo lo stesso effetto… specie se il tema fosse stato “Sì, andiamo a Lucca ma…”.
Cosa è successo a Lucca
Nei giorni successivi e nei giorni del festival, ovviamente, quello del boicottaggio di Zerocalcare (e poi Fumettibrutti, Alessio Spataro e altri ancora) è stato il grande tema di ogni discussione lucchese, più della pioggia o di Piazza Pertini. Nel frattempo, Virginia Tonfoni e Rodolfo Dal Canto avevano approntato un’altra lettera aperta (la trovate qui) e fissato un presidio per sabato pomeriggio. Ci siamo sentiti più volte, ci siamo confrontati, ho firmato la lettera e sabato sono stato al presidio. Poiché durante la sua introduzione Virginia ha citato quel famigerato pezzo sul Manifesto, mi sono sentito in dovere di intervenire nonostante inizialmente non volessi.
Ho chiarito un po’ cosa fosse successo, come qui sopra, e proposto (e lo rilancio qui) un confronto tra colleghi per suggerire delle linee guide ai festival. Cosa si farà se - come sempre – al Salone del Libro di Torino dovesse esserci lo stand di Israele? Cosa faremo se a un prossimo festival dovesse esserci il patrocinio – che ne so – dell’Arabia Saudita? Temo che il senso di comunità in un lavoro così individuale e individualista sarà difficile da costruire, ma queste domande dobbiamo farcele e dobbiamo rispondere con qualcosa di pratico, non con auspici di “pace nel mondo” stile Miss Italia. Altre cose che dovevo dire le ho dette in un’intervista ad Anna Mallamo per la Gazzetta del Sud.
Vorrei ricordare che mentre scrivo queste righe c’è ancora in corso una crisi umanitaria, un genocidio, al quale sarebbe bene ogni comunità rispondesse unita e senza fare a gara a chi è più puro dell’altro. Specie le comunità di artisti, comunicatori e creativi, che hanno una responsabilità sociale nel racconto del presente.
Cos’altro è successo a Lucca
Il 2 novembre era in programma un panel da me curato a cui hanno preso parte l’autrice ucraina Olga Grebennik, il leggendario Garth Ennis, Simonetta Gola di Emergency, Margherita Tramutoli, Francesca Torre (loro tre a presentare il reportage delle due autrici dall’Afghanistan), Alec Trenta e Gianluca Costantini. Non era un incontro “riparatorio”: era in lavorazione da quasi due anni e in programma già da mesi. Trovate qui e qui dei resoconti e spero prima o poi di mostrarvi un video integrale. Intanto su Facebook trovate un video con la mia introduzione.
Gianluca Costantini e me, dietro di noi una delle sue opere
È stato un bel confronto, con varie esperienze, anche sul campo. È stata la dimostrazione che il fumetto può e deve parlare del reale, che Lucca Comics è una delle vetrine giuste per farlo, ed è stata occasione di contestazione e democrazia. In particolare, ricordo le parole di Gianluca: “Sono per il dialogo e contro ogni conflitto. Per questo sono qui”.
Poi, a dirla tutta, sono successe tante altre cose a Lucca, anche più “rilassate”. Ma ne parleremo nelle prossime settimane.
Una cosa che ho scritto
Ecco, per dire: venerdì 3 novembre abbiamo celebrato il sessantesimo anniversario di Avengers e X-Men al teatro del Giglio con tanti ospiti (C.B. Cebulski, Simone Bianchi, Elena Casagrande, Stefano Caselli, Mara Famularo e Douglas Wolk), una sfilata di cosplayer, un trailer di The Marvels e musica dal vivo. Ne hanno scritto vari giornali (tra cui il Corriere della Sera) e anche in questo caso conto di mostrarvi presto le riprese. Oltre a curare e condurre l’evento, ho festeggiato l’anniversario degli Avengers anche con il libro Avengers: 60 potenti anni, scritto a quattro mani con Fabio Licari come i precedenti volumi sugli anniversari Marvel, in vendita al Palapanini e già disponibile in tutte le librerie.
Ve ne parlo qui sul Messaggero e anche in questo video:
Una cosa che sto scrivendo
Avevo promesso un’anteprima di I Wanna Live Like Common People, e prometto che arriva presto qualcosa di più sostanzioso, ma nel frattempo posso mostrarvi l’immagine promozionale che già circola su internet dopo l’annuncio alla conferenza Panini Comics… e un’altra chicca più sotto.
Di Lelio Bonaccorso, Fabio Franchi e Francesco Segala
I Wanna Live Like Common People non è una storia di super eroi ma di super poteri: è ambientata in un mondo in cui un chip può conferire poteri a chiunque, un po’ come – se ci pensate – uno smartphone, ma pericoloso come un’arma da fuoco. Sono poteri che servono a vivere la propria vita quotidiana o la propria professione con più comodità o competitività: un fattorino è super veloce (ma non può correre oltre un tot di chilometri), un lavapiatti secerne sapone dai polsi, un pilota possiede dei super riflessi… etc. Quest’America fantascientifica però è molto simile a quella reale, con tensioni razziali, corporation senza scrupoli, gap economici e sociali incolmabili. La protagonista si chiama Jill ed è una di quelle poche persone, in quella società, che per ragioni personali rifiuta il chip. È la ragazza al centro dell’illustrazione, qui sotto in uno dei primi sketch del maestro Lelio Bonaccorso.
I Wanna Live Like Common People arriva in libreria e fumetteria a ottobre 2024 per Panini Comics, con la mia sceneggiatura, i disegni di Lelio e Fabio Franchi (chine) e i colori di Francesco Segala.
Jill in uno dei primi sketch di Lelio Bonaccorso
Una cosa che ho visto
Epica e sentimento. Un pizzico di ironia. Un rimescolamento moderno degli ingredienti dell’Universo Marvel. Il season finale di Loki ha quegli elementi che avevano reso l’MCU una powerhouse di qualità. A dirla tutta, Loki era già una delle serie migliori in termini tecnici e produttivi: una sceneggiatura sfidante, scenografie (spesso pratical set, cioè non in CGI ma costruiti dal vero!) e costumi con una personalità, attoroni come Tom Hiddleston, Jonathan Mayors (He Who Remains/Victor Timely), Owen Wilson (Mobius e Sophia di Martino (Sylvie) a cui si aggiunge Ke Huy Quan (O.B.).
La migliore bromance di tutto l’MCU
Questa seconda serie, che ha tenuto un buon ritmo pur arrancando leggermente come al solito nella fase centrale, tra una supercazzola e un technobabbling ha trovato un compimento eppure sensato. Evito spoiler, ma il finale dà un compimento all’intero percorso di Loki e si aggancia ai grandi miti Marvel (e norreni).
Poi, sono molto affezionato a questa serie perché la prima l’ho vista e rivista più volte, cosa che mi capita raramente. Un paio d’anni fa, infatti, ho scritto un libro, Loki: The Official Collector Special, prodotto da Disney ed edito in USA e UK da Titan Books. Rivederla mi ha fatto cogliere molti più livelli di lettura e credo farò lo stesso con la seconda stagione (anche se non dovessi scriverne).
Vista la qualità medio-bassa degli ultimi prodotti MCU (con evidente eccezion fatta di Guardians of the Galaxy vol.3) è stata una bella boccata d’aria fresca.
Nel prossimo numero
L’esperienza divertente di creare un nemico di Spider-Man insieme a dei bambini, due parole sull’album di figurine di Spidey, qualche altra cosa da Lucca e su Lucca e un libro bellissimo che dovreste leggere. Sarò più breve, credo.
Errata corrige: mi sono perso una C in Kubrick e una H in Hanuka. Giusto per ricordare l’importanza dei correttori di bozze
Un altro appunto: per fugare dubbi, so per certo che il pezzo sul Manifesto non è stato firmato da chi si occupa di solito di fumetti su quelle pagine, cioè Andrea Voglino e Virginia Tonfoni