49 Una storia da Spoon River
Di un fumetto che ho scritto e che potete leggere qui, di come lo abbiamo realizzato dall'inizio alla fine, di un film che ho visto e che sto ancora metabolizzando ma sì, dai, mi è piaciuto.
Domenica 3 novembre, su La Lettura (il supplemento culturale del Corriere della Sera), è stato pubblicato un fumetto di due pagine scritto da me e disegnato da Deborah Allo. È uno “spin-off” di Storie da Spoon River, una breve dedicata a un personaggio dell’Antologia di Edgar Lee Masters che non è “entrato” nel nostro adattamento.
Si tratta di Zilpha Marsh, protagonista di una dei componimenti più affascinanti dell’opera. Nonostante l’atmosfera gotica e il legame con la morte che pervade tutto il testo di Masters, infatti, il sovrannaturale è quasi del tutto assente… come lo è, di conseguenza, nel nostro adattamento. Il personaggio di Zilpha, però, è una magnifica eccezione.
Queste due pagine mi permettono di raccontarvi, in piccolo, un po’ di dietro le quinte della lavorazione generale su Storie da Spoon River.
Ma cominciamo dal fumetto completo, letterato (come il resto del volume) da Maurizio Clausi:
Dietro le quinte
La poesia su Zilpha è una di quelle che avevo selezionato per il libro e che poi, per ragioni di spazio, avevo scartato. Forse è meno rappresentativa dell’intera opera per una pubblicazione esterna, proprio per l’elemento sovrannaturale e l’esplicito legame con la morte, però mi dava l’occasione di far disegnare a Deborah delle sequenze dark come quelle qui sopra. Ma ecco la poesia:
Alle quattro sul finire di ottobre
me ne stavo sola nella scuola di campagna
oltre la strada fra i campi spogli,
e un turbine di vento sbatteva le foglie contro i vetri,
e borbottava nella canna della stufa,
che dallo sportello aperto attenuava le ombre
con lo spettrale bagliore di un fuoco morente.
Mi gingillavo con la planchette—
all’improvviso il polso mi divenne inerte,
e la mano cominciò a muoversi rapida sulla lavagna,
finché fu tracciato il nome di «Charles Guiteau»,
che minacciava di materializzarsi davanti a me.
Mi alzai e fuggii dalla stanza senza cappello
nell’oscurità, atterrita dai miei poteri.
Da allora gli spiriti si affollarono—
Chaucer, Cesare, Poe e Marlowe,
Cleopatra e Mrs. Surrat—
dovunque andassi, con messaggi,—
tutte sciocchezze convenne Spoon River.
Vai dicendo assurdità ai bambini, non è vero?
Ma supponete che io veda quel che voi non avete mai visto
e mai udito e per cui non avete parole,
certo che dico cose assurde quando mi chiedete
cos’è che vedo!
In originale:
At four o'clock in late October
I sat alone in the country school-house
Back from the road 'mid stricken fields,
And an eddy of wind blew leaves on the pane,
And crooned in the flue of the cannon-stove,
With its open door blurring the shadows
With the spectral glow of a dying fire.
In an idle mood I was running the planchette –
All at once my wrist grew limp,
And my hand moved rapidly over the board,
Till the name of "Charles Guiteau" was spelled,
Who threatened to materialize before me.
I rose and fled from the room bare-headed
Into the dusk, afraid of my gift.
And after that the spirits swarmed –
Chaucer, Caesar, Poe and Marlowe,
Cleopatra and Mrs. Surratt –
Wherever I went, with messages, –
Mere trifling twaddle, Spoon River agreed.
You talk nonsense to children, don't you?
And suppose I see what you never saw
And never heard of and have no word for,
I must talk nonsense when you ask me
What it is I see!
Ho scelto di iniziare del cimitero, proprio per ricordare che, in fondo, in Spoon River parlano i morti. E a raccontare la storia di Zilpha, nel nostro adattamento, non è lei stessa, ma un altro morto, uno di quelli con cui parla. La prima pagina mostra il suo incontro con la tavoletta Ouija nella scuola (che ci facesse lì è un mistero) e ci presenta il narratore. Volevo che si mantenesse un po’ un effetto sorpresa: nelle prime vignette il narratore potrebbe essere scambiato per un amico o un amante di Zilpha. Nella seconda pagina, ho pensato a far scandire le lettere del nome in quelle piccole vignette tutte uguali, con l’idea di dare un ritmo sincopato. Non credo in molti sappiano chi fosse Charles J. Guiteau e questo mi è stato utile per posporre ulteriormente la rivelazione. Nella terza fila di vignette, Zilpha è finalmente circondata dai fantasmi che le parlano, gli stessi elencati da Masters. Vi invito a notare il corvo sulla spalla di Poe e le pugnalate sulla schiena di Giulio Cesare. La donna con la testa di Lincoln sul piatto è Mary Surrat, condannata come complice dell’omicidio del Presidente americano. Ovviamente, la testa mozzata è simbolica, non l’ha decapitato! Nelle vignette successive c’è la rivelazione del narratore, del suo status e del suo passato. Come per molti criminali dell’epoca, il suo cadavere, cervello incluso, è stato studiato dagli scienziati dell’epoca. Non mi interessava che si capisse questo dettaglio, mi bastava che, una volta mostrato il cervello in vista sotto la tuba, si capisse che fosse anche lui un morto.
Purtroppo, la resa sulla carta porosa del giornale ha fatto che si perdessero molti dei dettagli nei disegni di Deborah, come il corvo di Poe che un po’ sparisce sullo sfondo e soprattutto i giochi di trasparenza dei fantasmi. Ad esempio, come potete notare qui sopra, se si guarda attentamente anche Charles è semitrasparente nelle prime vignette. Qui online, almeno, potete apprezzarli come sono stati pensati.
Da link qui sotto potete scaricare la sceneggiatura. Tra i miei testi e il prodotto finito ci sono – ovviamente – vari confronti con Deborah sulle soluzioni grafiche che funzionano meglio e alcune revisioni dei dialoghi.
Per curiosità, vi mostro di seguito anche gli studi di Deborah per queste due tavole.
Una cosa che ho visto
Volevo vederlo quando è passato in sala, ma credo che dalle mie parti sia stato un passaggio più fugace del vantaggio elettorale di Kamala Harris.
Civil War doveva essere una garanzia, vista la regia di Alex Garland, la sua confidenza con le atmosfere distopiche, il cast stellare (ecco che fine ha fatto Pablo Escobar!) e il bollino di qualità dello studio di produzione A24. Il risultato finale forse può apparire un po’ deludente… ma credo il problema sia nelle aspettative, dunque… nel marketing che lo ha preceduto.
Credo che in molti ci aspettassimo una fotografia degli Stati Uniti in preda a una guerra civile contemporanea, qualche intrigo politico, qualche spiegazione in più sui retroscena, magari con qualche strizzata d’occhio anti-MAGA, un cenno o due all’attuale situazione, alla tensione sociale, ai fatti del 6 gennaio. Invece è un film – e sia chiaro, un gran bel film – sul giornalismo, dove il setting, a parte per qualche battuta e alcune immagini molto affascinanti incide relativamente poco. È la storia di alcuni reporter in viaggio, un road movie che si interroga sul ruolo della stampa e sui sacrifici del mestiere, smitizzandone il romanticismo salvo recuperarlo nelle scene più epiche. Mi aspettavo altro, sì… e forse lo stesso film ambientato in Guatemala o in Congo non avrebbe avuto lo stesso impatto visivo perché non avrebbe fatto leva sull’immaginario condiviso che abbiamo dell’America. Però non credo sia un’occasione persa: credo fosse proprio quello che volesse il regista. E si fa presto a dimenticare cosa si ci si aspettasse, per le intriganti soluzioni di regia e di montaggio (che ci ricordano che i frame di una pellicola, alla fine, sono “solo” fotografie) e per la tridimensionalità dei personaggi, talvolta suggeriti solo con alcuni cenni nei dialoghi.
No, non è un film che ci spiega perché abbia vinto Trump (salvo, forse, la scena sopra le righe con Jesse Plemons), ma ribadisco che è un bel film. E che tra l’altro vanta una Kirsten Dunst che ci ricorda che la sua lunghissima carriera non è ancora finita.
PS: se volete leggere una bella storia che racconta una guerra civile americana contemporanea vi consiglio DMZ di Brian Wood e Riccardo Burchielli.
È tutto! Il prossimo appuntamento con Zona Negativa è il cinquantesimo! Uscirà anche con una variant con effetto soft touch raffigurante il volto di Lelio Bonaccorso. Non perdetelo!
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A rileggerci,
Marco