23 Il Grand Design della vita
Di un anniversario importante per me e altri lettori di fumetti, della morte di Ed Piskor e di cosa non ci insegnerà, di altre shitstorm più o meno recenti e di cosa non hanno insegnato
Bentornat* su Zona Negativa. Questa settimana c’è spazio per una celebrazione e una brutta notizia che meriterebbe ancora più righe per le riflessioni che – purtroppo – scaturisce.
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Trent’anni fa
Questa settimana si è celebrato il trentesimo anniversario di Panini Comics. Nata nel 1994 come Marvel Italia, poi divenuta Panini Comics, è una casa editrice nota a ogni lettore di fumetti grazie alla propria versatilità e professionalità. Di questi trent’anni, gli ultimi quindici li ho passati da collaboratore per l’editore modenese: ho scritto centinaia (forse migliaia) di redazionali, proposto tante idee (alcune belle, alcune brutte, alcune stupide, alcune approvate e altre no), curato centinaia di albi e volumi, valutato innumerevoli copertine, storie, programmi editoriali, traduzioni, tradotto io stesso qualcosina. Sono stato a lungo uno dei novellini della redazione, anche se negli ultimissimi anni altri hanno ereditato il primato.
In questi tre decenni di Panini Comics ne sono stato e sono anche un lettore: a volte scherziamo sul lavoro più bello del mondo ma, al di là della retorica facile e delle battute, mi ritengo fortunato di fare un lavoro che mi piace e che mi lega, ogni giorno, alle mie passioni. Tutto era iniziato con quei mitici numeri zero, trent’anni fa. Chi l’avrebbe detto che da giovane nerd occhialuto che pagava per leggere fumetti mi sarei trasformato in anziano nerd occhialuto pagato per leggere fumetti?
“Sono stato ucciso dai bulli di internet”
Una delle collane che ho curato in questi anni per Panini Comics è Grand Design, in cui grandi firme del panorama indy del fumetto statunitense si cimentano con i personaggi Marvel.
Lo scorso primo aprile l’autore che aveva tenuto a battesimo la collana con l’apprezzatissima trilogia di X-Men Grand Design, Ed Piskor, si è suicidato. È una morte che ha colpito molto il nostro micromondo, per quello che l’ha preceduta e per la lunga lettera che Piskor ha pubblicato prima di lasciare questa terra.
In estrema sintesi, nella settimana precedente, infatti, Piskor era stato accusato di molestie e proposte indecenti da tre autrici, una in particolare minorenne all’epoca dei primi contatti tra i due, in piena pandemia. Un’autrice ha anche accusato l’autore di averle proposto sesso orale in cambio di contatti con editor. Le accuse hanno portato alle conseguenze ormai consuete nella cancel culture e della gogna web: editori, autori e organizzazioni hanno preso le distanze da Piskor, giornalisti si sono presentati sotto casa sua e quella dei genitori, anonimi e non lo hanno pesantemente insultato sui social. Anche Jim Rugg, suo collega, amico e co-conduttore di podcast, ha preso le distanze. La carriera di Piskor, insomma, era ormai finita, e questa caduta era stata contornata dagli attacchi sui social.
L’1 aprile, la lettera che potete leggere qui (se avete lo stomaco) e la morte. Nel turbine di smentite, conferme, post cancellati, ritrattazioni e nuove accuse, non sta a me come non sta a nessun altro su una newsletter o un social condannare in questa fase Piskor, oppure analizzare cosa sia vero e cosa sia falso di quanto detto da lui o dalle accusatrici. Se ci fossero stati comportamenti perseguibili lo avrebbe deciso un tribunale vero, non un tribunale del web. La sete di sangue delle folle virtuali con i forconi, pare, non lo ha permesso.
Cosa mi ha ricordato questa storia
Una è la vicenda di Giovanna Pedretti, la ristoratrice che si è suicidata dopo la shitstorm causata da un’accusa decisamente meno grave, cioè quella di avere inventato una recensione per scopi pubblicitari. Ne avevo scritto qua.
Poi ho pensato a quanto passato da Gipi nel 2021 dopo la famigerata strip Finalmente un caso semplice del Commissario Moderno. La gag ruotava su un equivoco: una donna cercava l’aiuto del commissario dopo essere stata picchiata da tale Andrea, ma Andrea era una donna e non un uomo, ironizzando sullo slogan “alle donne bisogna credere sempre”. Una satira sul metoo che secondo me (come già detto in altri contesti) 1, non è stata capita da buona parte di chi l’ha letta, 2, è stata pubblicata nel momento “sbagliato” cioè all’apice dell’attenzione su questi temi, 3 come spesso accade quando si parla di satira si era confuso chi fosse il bersaglio (certamente non le donne vittime di violenza). E che 4, ha dimostrato ancora una volta la potenza incontrollabile delle gogne sul web, che per fortuna in quella occasione non ebbe conseguenze così tragiche come un suicidio1. Ma che fu spesso decisamente sproporzionata nei toni, venne per certi versi incanalata ad hoc e si trasformò molto presto da dibattito sano tra persone con qualcosa da dire a superficiale scontro tra tifoserie. E, stando a sentire Gipi, di certo ci sono state varie conseguenze riprovevoli sulla sua persona e sulle sue relazioni.
Ironia della vita, nel suo grande disegno che non si cura di noi formiche, proprio l’1 aprile mi capitava sotto gli occhi, scorrendo Instagram, la notizia della raccolta in volume delle strip del Commissario Moderno. Era un pesce d’aprile2.
Il punto è sempre quello
Ed è uno solo:
Specie se si tratta di faccende tutte ancora da provare, anche quando il tema al centro del dibattito ci tocca da vicino, ci indigna, ci fa infuriare, anche se ci sentiamo traditi, presi in giro, beffati da un autore/artista/intellettuale/eroe del giorno, nulla può permettere una shitstorm contro un singolo, specie di quella portata, specie con i toni che ho letto e che purtroppo continuo a leggere.
Perché sì, anche dopo la morte di Piskor ho letto commenti sul tenore di “Se lo meritava”, “Se l’è andata a cercare”, o persino “Evidentemente era un debole” e “Era un vigliacco”, ormai classici commenti idioti dopo un suicidio, tutti firmati certamente da integerrimi campioni della morale. Vi risparmio gli screenshot, gli imbecilli li trovate facilmente sui social, se volete.
Non credo che il suicidio di Piskor ci insegnerà qualcosa. Non credo che, da tutta questa storia, dell’autore rimarrà un ricordo pulito o santificato. È un peccato che Piskor non si potrà difendere in tribunale, è un peccato che non ci verrà consegnata una verità, qualunque essa sia. È un peccato che dall’America stiamo importando le abitudini peggiori. È un peccato che queste vicende si ripetano e si ripeteranno perché nessuno di chi gestisce le piattaforme ha interesse a contenere l’aggressività sui social. Dopotutto, genera traffico. E chissà, forse penserete che anche queste righe dove pontifico su un mondo migliore potrebbero avere quello scopo3.
Pazienza.
La settimana prossima farò un salto alla Bologna Children’s Book Fair per degli appuntamenti di lavoro. Se siete in giro, fate un fischio4 che ci salutiamo. Per tutti gli altri, ci rileggiamo tra una settimana o giù di lì, se lo vorrete.
Anzi, da quella esperienza è nato l’ultimo libro di Gianni, Stacy, di cui scriverò appena metterò ordine nei miei appunti mentali
Purtroppo quel post è stato cancellato e non ho avuto l’accortezza di fare uno screenshot, quindi potrei essermelo sognato e/o dovete fidarvi.
No, Substack non mi paga.
Per chi ha ricevuto via mail, c'è un brutto refuso nel secondo titolo e me ne scuso. Sistemato qui sul sito.