48 Abbiamo fatto un fumetto sull'America di Trump...
Di come abbiamo previsto il prevedibile, di alcune considerazioni sulle elezioni americane, di un volume preso a Lucca che narra di come il nostro mondo stia cambiando e di un appuntamento a Palermo
…senza manco rendercene conto, o forse sì.
Ho iniziato a pensare ad I Wanna Live Like Common People1 più o meno a inizio 2020. Da tempo ragionavo sulla possibilità di scrivere un fumetto di super eroi “estremo”, uno di quelli apertamente influenzati dai grandi autori anglosassoni che ho sempre amato e che mi hanno insegnato quanto siano malleabili quei personaggi in tutina, che archetipi potenti possano essere. La prima immagine che mi è venuta in mente era quella di un uomo, nero, ucciso dalla polizia in un sobborgo americano perché gli si illuminavano gli occhi. È diventata la sequenza di apertura della nostra storia e nel mezzo ci sono state tante chiacchierate con Lelio sui chip, sulla libertà di scelta, sull’abuso delle tecnologia e dei cellulari, sull’iperlavoro, sui ritmi di produzione dell’editoria, settore storicamente romanticizzato.
Troverete tanti di quegli argomenti e molti altri in una storia di super poteri (non super eroi), incluso il tema della proliferazione delle armi e, appunto, della police brutality. E un villain le cui fattezze sono basate su Elon Musk. Nei quattro anni di lavorazione, infatti, la stesura di questa storia è stata influenzata da tante vicende, universali e non: l’uccisione di George Floyd, la malattia di mia madre, l’assalto al Campidoglio, gioie e dolori personali, l’ascesa di Musk, il mio rapporto con i social network e i dibattiti sull’Intelligenza Artificiale.
Ve ne parlo un po’ in questa intervista piuttosto approfondita apparsa proprio oggi su Radio Zeta, il magazine di RTL 102.5:
“Non ci sono veri e propri super eroi, in questa storia, perché ad avere potere sono persone comuni. Con le loro esigenze, i loro difetti, la loro quotidianità. “(I Wanna Live Like) Common People”, infatti, parla di un mondo dove i poteri sono accessibili semplicemente acquistando un chip. Più si è disposti a pagare, più quel potere sarà figo o utile. Ne scaturisce un mondo dove avere dei poteri è necessario, ad esempio, per lavorare o per integrarsi nella società, ma dove resiste un pugno di reietti che per le ragioni più varie rifiuta i chip, autoescludendosi. Il nostro fumetto si concentra proprio su di loro: gli emarginati, gli outsider, e proprio per questo coloro che sono, alla fine, davvero speciali.”
Altra chiacchierata sul tema è apparsa su Funweek, estensione del Messaggero, registrata in quel di Lucca Comics (è già passata una settimana?):
“La storia di Jill è la storia di molte ragazze nere americane – ma il tema non vale solo per gli Stati Uniti – che vivono ai margini della società, in periferia e non hanno le opportunità per costruirsi un futuro. È un personaggio arrabbiato col mondo e la sua reazione è rifiutare questa società con il suo chip. Proprio nel rifiuto dei superpoteri forse sta la chiave del riscoprire la vera umanità.”
Dicevamo, Trump
Il risultato di tutte quelle influenze non poteva che coincidere con quello che vediamo guardando i giornali nell’ultima settimana, non perché io abbia poteri divinatori, né perché un risultato elettorale sia una semplice somma matematica di fattori. Ma perché, come spesso avviene in questi casi, Trump è la risposta semplice a problemi complessi, che porta a chiudersi in sé stessi ripetendosi quanto si è bravi, quanto siano cattivi i “nemici alle porte”, quanto si stia meglio da soli. A volte, la risposta a quei problemi è semplicemente la negazione degli stessi (vedi il cambiamento climatico, che Trump e i suoi sodali negano, sminuiscono o ridicolizzano).
Di risposte semplici a problemi complessi, in paesi in relativa sofferenza economica, ne abbiamo viste tante: il voto sulla Brexit, la prima elezione di Trump, la vittoria o il rafforzamento delle destre estreme in Italia e in generale in tutta Europa. Sono voti che guardano al protezionismo e al conservatorismo, identificando – come scrivevo più su – nell’esterno il nemico, in paesi solitamente colpiti da un aumento dell’inflazione e del costo della vita. Nello spettacolarismo delle campagne elettorali americane, poi, sono movimenti di voto accompagnati da toni messianici o apocalittici (a seconda di dove vi trovate), resi ancora più complessi da un sistema elettorale su cui è ormai evidente inutile arrovellarsi con i sondaggi. Tanto, ormai è chiaro, non si capisce un cazzo2.
Un inciso: come già scrivevo su Facebook man mano che i risultati si concretizzavano, prima che qualcuno si chieda com’è possibile che una democrazia matura elegga un miliardario misogino narcisista patologico dalla fedina penale sporca e con un passato torbido nonché legami discutibili, noi italiani ricordiamoci di Berlusconi.
Così come vale la pena ricordare che la campagna elettorale di Harris è durata soli 107 giorni, che è seguita a quella, stanchissima e forzatissima, di Biden, che l’amministrazione corrente ha grossi problemi di comunicazione come tutti i blue, se è per questo. Cosa è andato storto su quel fronte lo spiega bene la CNN, non gli ultimi arrivati youtuber trumpiani. Un dato e certo, nella confusione del sistema americano: tra Biden nel 2020 e Harris nel 2014, 13 milioni di democratici hanno deciso di non votare per Harris o di non votare affatto. E se si guarda agli spostamenti per categorie (working class, seconda generazione, maschi neri, latinx etc) sembra che i problemi siano sempre gli stessi, quelli che in Italia conosciamo bene: la classe media e la classe operaia non guardano più a “sinistra”. E non basta essere donna per essere votata dalle donne.
Il tutto, forse, si riassume in un tweet che avevo letto all’indomani del voto e che non trovo più, ma che faceva più o meno così: “Trump sarà pure un criminale, un maniaco, un misogino, un imprenditore fallito, ma almeno non è una donna nera.”
Censure e liste di proscrizione
Cosa farà Donald Trump il primo giorno dopo l’insediamento? Si vendicherà dei suoi nemici, o almeno così ha detto. Se volete un assaggio, però, di come si comporti con il dissenso un governo di estrema destra ancora mascherato da democrazia basta guardare in casa. Lo scrittore e intellettuale (qualunque cosa ciò voglia dire oggigiorno) Christian Raimo è stato sospeso per tre giorni dalla sua attività di insegnante per delle critiche rivolte al ministro dell’istruzione Valditara. Tra l’altro vi consiglio di ascoltarle per intero, perché sono molto più articolate di quanto voglia farci passare la propaganda piagnona di destra.
Solidarietà a Christian, ovviamente, per la gravissima vendetta subita. Teniamo tutti le antenne dritte, perché temo sia solo l’inizio.
Dicevamo, il cambiamento climatico
È uno dei temi centrali del volume La grande rimozione di Roberto Grossi, il primo libro acquistato a Lucca che ho letto, nonché il primo di un’altissima pila di volumi recuperati dagli amici di Coconino Press. Un po’ per la mancanza di tempo, un po’ per quella di spazio, non ho potuto girare molto tra gli stand ma ho notato e fatto notare che metà della mia wishlist era di titoli Coconino.
Tornando al fumetto di Roberto, è un racconto-pamphlet ricco di dati, statistiche, informazioni, tutti ben collegati per un risultato amarissimo nel racconto dei danni dell’antropocentrismo. Parte da alcune esperienze personali in cui mi rispecchio: per lui, la lenta scomparsa di un ghiacciaio visitato da bambino dal Monte Bianco, che mi ricorda l’inesorabile sparizione del bosco dalla mia Erice a cui assisto dalla finestra. Da qui parte un susseguirsi di contrasti visivi che mettono in luce le contraddizioni delle nostra società, le esagerazioni a cui porta (lo sapevate che due terzi degli uccelli al mondo sono polli? io no), e soprattutto il prezzo da pagare. I disegni sono bellissimi e delicati, offrendo dunque l’ennesimo contrasto per un racconto amarissimo ma necessario, che si chiude non con una condanna assolutista ma con un invito. Consigliatissimo.
Storie da Spoon River a Palermo
Per chiudere, vi ricordo che è prevista una presentazione a Palermo per l’altro mio fumetto appena uscito (stavolta con i disegni e i colori di Deborah Allo), cioè Storie da Spoon River.
E faremo le cose grande, con disegni dal vivo, un’intervistatrice d’eccezione in Stefania Auci, una location eccezionale (il birrificio Ballarak, alla Kalsa) e gli intermezzi musicali di Salvo Anello con pezzi da Non al denaro non all’amore né al cielo di Fabrizio De André3.
Ci vediamo domenica 17 novembre alle 18:30.
Ah, tra l’altro, domenica 3 novembre su La Lettura (il supplemento domenicale del Corriere della Sera) è apparsa una storia mia e di Deborah che è un “extra” dal nostro volume: due pagine dedicate a un personaggio non presente nel libro targato Feltrinelli. Non so se sia ancora recuperabile (immagino sull’app della testata) e spero che prima o poi potremo mostrarvela.
A rileggerci!
Marco
PS: vi ricordo che da qui potete iscrivervi a Zona Negativa:
E da qui potete condividere il post:
Nel caso ve lo foste perso, il fumetto è uscito pochi giorni fa per Panini, è scritto da me, disegnato da Lelio Bonaccorso, assistito da Fabio Franchi alle chine. I colori sono di Francesco Segala e Roberto Megna.
Personalmente, ho seguito la campagna elettorale principalmente tramite il New York Times, il Post, alcuni commentatori americani da Late Night Show (Colbert l’ho trovato in formissima) e alcuni podcast, in particolare Sfida alla Casa Bianca di Repubblica e America7 della Rai. In questa settimana le analisi post-voto si sprecano, ce ne sono di interessanti anche su Substack, come ricorda la piattaforma stessa qui.
Opera anch’essa ispirata dall’Antologia di Spoon River, ma che ha raccontato personaggi da cui mi sono tenuto alla larga nel nostro adattamento, giusto per confrontarmi con un mostro sacro alla volta.