68 | Un mondo che ha bisogno di eroi
Di Elio, il nuovo film Pixar, e di come sia stato influenzato dal mondo reale, della mia più recente storia di Spider-Man, dell'imminente libro sui F4 e di un consiglio agli aspiranti fumettisti
L’ultima volta che è passato tanto tempo tra una newsletter e l’altra mi ero prodigato in un breve e incompleto riassunto di orrori e vergogne varie che stiamo vivendo a livello globale. Forse un elenco rapido, però, è irrispettoso per tutte quelle vittime delle notizie, che siano gli innocenti di Gaza (su cui l’Idf spara mentre raccolgono gli scarni aiuti, come ampiamente riportato e ormai confermato) o anche i carcerati americani. Né su questi canali, solitamente pensati per forme più lunghe, posso uscirmene con una battuta come quella che ho scritto su Facebook poche ore dopo i bombardamenti americani in Iran:
È davvero inaccettabile che in Medio Oriente ci sia un paese che non ha mai dichiarato chiaramente se è in possesso o meno di armi atomiche, che non ha mai sottoscritto il trattato di non proliferazione nucleare, che rifiuta visite di ispettori dell’IAEA e dove potere e credo sono fortemente legati.
Per questo hanno fatto bene gli Usa a bombardare Israele.
Ah no aspe scusate
Per chi fa il mio mestiere, ogni evento di tale portata meriterebbe righe su righe di serie riflessioni e maggiore puntualità, che al momento non posso permettermi. Ultimamente, poi, sono in quella fase di rifiuto dalla bulimia informativa ed emotiva. Anche questo dovrebbe generare riflessioni: quanti cadaveri di bambini sotto le macerie dobbiamo vedere prima di restarne anestetizzati? Quante uscite di Trump dobbiamo ascoltare prima di capire che non sono semplici boutades? Quante aziende dobbiamo aggiungere alla lista dei boicottaggi prima di scalfire il sistema? Quanto caldo dobbiamo percepire prima di renderci conto che non è un’emergenza ma la normalità dopo un punto di non ritorno?
Allora sapete che c’è: questa settimana parliamo di intrattenimento. Abbiamo bisogno di eroi nella vita reale, questo è certo, e al momento gli unici affidabili all’orizzonte sono di finzione. Possono essere bussole morali, il più delle volte sono strumenti per staccare il cervello per qualche minuto.
Elio
Eppure, anche quando si parla di puro intrattenimento, è difficile ignorare cosa stia accadendo intorno a noi. Prendete Elio, l’ultimo film della Pixar. Sono sempre più rare le occasioni in cui il colosso dell’animazione un tempo noto per la sua magica carica innovativa si cimenta in nuovi franchise. Elio sarebbe dovuto essere il nuovo testamento di Adrian Molina, regista e animatore dichiaratamente omosessuale, che aveva dimostrato tutta la sua bravura co-dirigendo Coco nel 2017.
Elio è stato ad oggi il peggior debutto nella storia della Pixar, tormentato da una produzione rocambolesca e con una campagna promozionale praticamente inesistente.
Ma è un bel film. Come l’ultimo (sempre più raro) film Pixar che non era un sequel, Elemental del 2023, Elio è una storia che prende spunto da ispirazioni autobiografiche e ha in comune molti temi: parla di accettazione, razzismo, genitori e figli, e di come le apparenze ingannino.
Il protagonista, un bambino di undici anni orfano dei genitori che cresce malvolentieri con la zia ufficiale dell’Aeronautica, si ritrova per errore tra gli alieni – credendo di realizzare un suo desiderio ma trovandosi al centro di un conflitto intergalattico. Non dico altro per evitare spoiler perché credo che questo film vada visto (in sala) senza pregiudizi e godendosi quelle sorprese che i trailer non abbiano già spoilerato. Si sente, nonostante la qualità indiscutibile delle immagini, che “manca” qualcosa. Forse l’appiattimento dei personaggi di contorno (e non basta farli doppiare a dei vip) o un’accelerata nel finale. Forse si sente il tocco di più penne e direzioni, per motivi che spiego qui sotto. Eppure, rimane un buon film, molto godibile e con certe vibes anni 80 da avventura adolescenziale spaziale.
Sebbene la critica internazionale l’abbia apprezzato, Elio ha stentato a decollare nonostante le buone recensioni. Forse ciò si deve a come si fruisce, oggi, delle grandi novità cinematografiche. Pare che i film abbiano una finestra di attenzione da parte di stampa e pubblico che va dal primo al secondo weekend1. In quei pochi giorni si decide la sorte e il successo di un film, per molti versi già decisa dalla macchina dell’hype nelle settimane precedenti, dai troll che avvelenano gli aggregatori di recensioni come Imdb o Rottentomatoes, dalle simpatie e antipatie dei social. Spesso sono profezie autoavveranti, peggiorate nei toni quando c’è una fanbase molto tossica (ciao, amici fan di Star Wars). Probabilmente molti spettatori aspettano che il film a cui sono interessati finisca sulle piattaforme e si decidono a spendere la sempre più importante quantità di denari necessari al cinema per i film-evento. E sono tali quando riferiti a fenomeni e personaggi più riconoscibili al di là delle visioni su schermo. Quindi, ecco le folle per Spider-Man: Far From Home (dove la macchina ha funzionato benone, è Spider-Man e c’era un bel segreto di Pulcinella dietro) o Lilo & Stitch (successo anche per chi di Stitch conosce solo l’onnipresente merchandising). Ed ecco le sale semi vuote (o vuote) per Thunderbolts*2 ed Elio.
ELIOGBTQ
Ma dicevamo, il mondo reale: chissà come sarebbe stato Elio se il progetto fosse stato anche portato a termine da Molina. Pochi giorni fa l’Hollywood Reporter ha svelato alcuni retroscena sulla lavorazione del film in un pezzo ripreso in parte da Gay.it. A quanto pare, lungo il film sarebbero dovute essere presenti delle scene o dei cenni che lasciavano intendere che il protagonista fosse queer. Non una “storia di coming out”, ma semplicemente un personaggio non “mascolinizzato”. Ma a un certo punto, le direttive sono state di rimuovere questi elementi:
This characterization gradually faded away throughout the production process as Elio became more masculine following feedback from leadership. Gone were not only such direct examples of his passion for environmentalism and fashion, but also a scene in Elio’s bedroom with pictures suggesting a male crush.
Del resto, gli ultimi anni di lavorazione del film sono coincisi con l’ascesa e il consolidamento del potere trumpiano e della filosofia Muskiana, con l’imporsi di un sentimento “anti-woke”3 e un generale atteggiamento più cauto da parte di tutte le major dell’intrattenimento e della comunicazione. Pare che l’indirizzo generale oggi sia di tornare a “normalizzare”, dopo anni in cui si è rincorsa la rappresentatività per mostrare anche nei mondi di fantasia volti e storie non univoche o con ispirazioni variegate. Ed è frutto di un sentimento globale, che è sociale prima che politico ed economico.
È un bene? Per qualcuno in cerca di conforto forse sì, per altri – me incluso - è un’occasione mancata e un’involuzione. Ma, come scrivevo, la domanda che rimane riguarda come sarebbe stato il film di Molina, che ha rifiutato – pare – l’affiancamento con un’altra regista proposto da Pixar, Madeline Sharafian, preferendo dedicarsi a Coco 2.
Spider-Man in: “Alien Abduction”
A proposito di rapimenti alieni, è disponibile da qualche giorno nel Regno Unito il n. 462 di Spider-Man Magazine. Dentro ci trovate una mia storia intitolata Alien Abduction (“Rapimento alieno”), scritta per i disegni di Emilio Urbano e Marco Forcelloni, con i colori di Valentina Taddeo e il lettering di Arancia Studio.
Inizia con il più classico degli atti eroici per un super eroe, cioè salvare un gatto bloccato su un albero, e finisce nello spazio profondo tra robot giganti, astronavi e guerrieri Kree. Tutto normale quando il gatto in questione e coprotagonista della storia è Chewie, il gatto di Capitan Marvel, noto nei film come Goose.
Ne approfitto per ricordare che Panini sta pubblicando queste storie, da qualche mese, sul corrispettivo italiano del Magazine. Sul numero uscito il 30 giugno, ad esempio, è apparsa quella con Capitan America di cui ho scritto in varie occasioni su queste colonne.
Per conoscere meglio i Fantastici Quattro…
…invece, sta arrivando sugli scaffali di librerie e fumetterie per Panini Fantastici Quattro: 60 anni con la prima famiglia Marvel! Ve ne ho già parlato ma adesso ho una data di uscita aggiornata – il 10 luglio – e la copertina:
Messaggio agli aspiranti fumettisti
Sono reduce da due giorni come commissario esterno alla Scuola Internazionale di Comics di Reggio Emilia, condotti insieme a Giuseppe Camuncoli e in compagnia di vecchi amici come Jessica Ferreri, Matteo Casali e Grazia Lobaccaro. È stata un’occasione per riabbracciarsi e confrontarsi con amici e colleghi che conosco da più di vent’anni ma soprattutto una nuova occasione per sbirciare nei portfolio di talenti freschissimi e interessanti. Non insegno più con continuità ormai da un po’ e a volte mi manca, quindi queste occasioni sono un buon momento – spero – per loro per ricevere consigli e per me un’occasione per incamerare bellezza.
A tutti gli aspiranti fumettisti da qualunque scuola provengano o che siano degli autodidatti, segnalo invece che sono aperte da oggi le selezioni per il Lucca Project Contest. Quest’anno la manifestazione collabora con ben due editori molto noti, Star Comics e Sergio Bonelli Editore, per selezionare chi pubblicare. Per chi volesse saperne di più su questo concorso (che rimane unico nel suo genere e rivoluzionario per il mercato) invito a consultare questo link.
È tutto. Spero di farmi vivo presto ma allo stesso tempo quasi mi auguro di non avere spunti di incazzature per tornare a sfogarmi su queste colonne. I promemoria finali sono sempre i soliti:
Se passate di qui per caso e volete tornare:
E se volete invece condividere questo post:
A rileggerci,
– Marco
Basti pensare che a luglio le major hanno schierato a raffica tre Blockbuster praticamente a uno-due settimane di distanza l’uno dall’altro, non curanti delle altre: Jurassic World, Superman e Fantastic Four: First Steps.
Che poi, oltre a essere molto ben scritto e recitato, ha una sua fondamentale importanza per l’MCU. Ma Marvel Studios ha scelto di nascondere la portata del film nel quadro generale con una campagna di marketing che forse, con il senno di poi, ha penalizzato il film.
Che è difficile spiegare perché non riescono a spiegare manco cosa sia il woke, un po’ come la teoria gender.