38 Il festino olimpionico delle fake
Di un caso sportivo sulla bocca di tutti, di come certa politica metta il becco su ogni cosa pur di cavalcare l'onda, di cosa c'entrano le fake, una strage in Inghilterra, i trans, lo sport e i russi.
Uno dei motivi per cui avevo aperto la newsletter era restare avulso dalla “polemica del giorno” dei social, in particolare da Twitter. Non trovavo lo spazio per ragionamenti complessi in quel contesto sempre affrettato e per forza di cose sintetico. Idem su Facebook, apparentemente più adatto a lunghe discussioni ma in realtà… no. Però, certo, ho cose da dire, specie su temi che mi stanno a cuore tipo… le Fake News.
E in questi giorni, intorno a un evento che è ormai pop e “commentabile” come qualunque altro da un blockbuster americano all’Eurovision, cioè le Olimpiadi, c’è stato un proliferare di fake che credo abbia raggiunto l’apice poche ore fa per la vittoria a tavolino di un’atleta algerina contro un’italiana in un incontro di pugilato. Ne avrete sentito parlare, no?
Eppure…
Eppure non siamo più ai tempi di Heide Krieger e delle atlete della Germania dell’Est.
Siamo nei tempi di controlli serrati e spietati, di analisi accuratissime, di scienza avanzata, di informazioni diffuse e facilmente reperibili. Siamo nei tempi in cui sappiamo che colui che è stato scelto come portabandiera israeliano, il judoka Peter Paltchik, fino a pochi mesi fa da soldato fa firmava le bombe dirette su Gaza. Sappiamo anche che c’è un altro atleta, l’olandese Steven Van De Velde, condannato a quattro anni di galera1 per avere stuprato a una ragazzina di dodici anni. Ha scontato la sua pena, tengo a precisare, ma insomma, non è un segreto e il pubblico ha saputo esprimere il suo disappunto dagli spalti.
Il coro di indignazioni però non ha raggiunto quello di queste ore… o quelle successive allo spettacolo inaugurale.
Siamo nei tempi in cui tutti (eccomi qui!) ci sentiamo obbligati a commentare i fatti del giorno, prima che scadano, spesso senza averne le competenze. Tempi in cui siamo bombardati da informazioni come fake news, dove i primi a proporre al grande pubblico quest’ultime sono i politici, per propaganda e ricerca di consenso. Ehi, alcuni si sono inventati che uno spezzone della cerimonia di apertura insultasse l’Ultima Cena.
Cioè, questi qua, guardando l’esibizione hanno scambiato un tipo blu e con l’uva in testa, chiaramente Bacco, per Gesù. In comune hanno solo l’essere a tavola (beh, uno sopra) e al centro della composizione. Ma, ripeto:
Hanno scambiato
Bacco
per
Gesù
E questi sono gli esperti, eh?
Alcuni si sono domandati chi fosse quel tale Jolly, come osasse, quando sarebbe bastato un secondo su google per scoprire la caratura di quel regista teatrale.
Certuni hanno pure gridato allo scandalo perché celebrando la patria della Libertà, uguaglianza e fratellanza c’erano anche in scena drag queen, trans e persone non binarie. Chissà se questi certuni alle Olimpiadi tiferanno Iran o Arabia Saudita, gli stessi paesi i cui governi gridano allo scandalo o censurano queste immagini.
O magari tifano Algeria?
Un paese dove la transizione è illegale, così come l’omosessualità. Non voglio aggiungere altri appunti contro le fake news su Imane Khelife, li trovate facilmente. La questione è in realtà molto più complicata e no, non è un “caso Laurel Hubbard”, caso di cui tutti si sono dimenticati, anche gli opinionisti della domenica all’epoca più scatenati.
Voglio solo dire che da diverse ore ad alimentare falsità, sospetti, meme e cattiverie assortite sull’atleta algerina ci sono le solite vagonate di account e troll fascisti, la solita marea nera che esonda dalle cloache del web. Emerge fino al punto da toccare (strano, no?) la Presidente del Consiglio (“la”, perché il genere è importante, no? Come la grammatica).
Mi pare palese che non sia per patriottismo o sportività: il sottotesto - manco tanto sotto - è omofobo e transfobo. E ancora una volta i politici italiani si fanno “opinionisti da Facebook” come i nostri zii più agé che condividono le foto dei Gesù fatti con l’Ai o quegli amici che non hanno un cazzo da fare e condividono opinioni su tutto a tutte le ore. E questi senatori e deputati mandano lanci d’agenzia su qualunque cazzata manco fossero i loro tweet, storcono il naso e alimentano la suddetta marea nera.
Delle tante cose che non sappiamo, invece, c’è cosa è passato per la testa di Angela Carini, pugile e poliziotta napoletana. Non lo sapremo mai, forse, ma sappiamo che ha apprezzato l’appoggio di Giorgia Meloni.
Nel frattempo…
Nell’altrimenti anonima cittadina di Southport, da due giorni, ci sono scontri tra gruppi fascisti e forze dell’ordine, scene di violenza e vandalismo. Un nutrito gruppo legati a già noti gruppi fascisti ha tentato di dar fuoco a una moschea. Da due giorni, dopo quella strage terrificante in un doposcuola dove sono morte tre bambine pugnalate da un diciassettene, sui social e in certi angoli del web si alimentano fake sull’assassino. Tutte sul tema migranti, sicurezza, Islam e le solite cose che sono (a parole) care ai fascisti e nazisti di tutto il mondo.
Le fake news sono state cavalcate da certi politici, ma di certo non del rango di un primo ministro, anche se ha detto la sua quell’altro fenomeno di Farage.
Uno che di Fake news se ne intende. Fior fiore di inchieste, ormai, hanno confermato che ci fosse una longa manus russa dietro la diffusione di notizie false che hanno favorito il voto pro-Brexit2. E anche stavolta, pare, il tentativo di destabilizzazione sociale e politica ha più di una stampella da quelle parti.
Che c’entra Southport?
Perché questo salto oltre la Manica? Perché siamo sempre lì, eh. Questi strabenedetti algoritmi, questi sistemi a cui affidiamo la nostra privacy e la nostra opinione3 campano su questo. Campano sugli scontri, i dibattiti, le discussioni, i commenti inviperiti e le risse virtuali, che generano click, traffico e introiti pubblicitari. E per fare ciò – non è ormai un segreto – riescono a dare maggiore visibilità a ciò che alimenta quanto sopra. E non devono fare nemmeno grossi sforzi: non vediamo l’ora di venire abbindolati seguendo i nostri bias per litigare. Anche io, eh.
Il problema, però, è che qualcuno quello scontro poi vuole portarlo sulla “vita reale” e finisce che ammazza qualcuno. È già successo, succederà ancora… se non ci diamo una calmata, se chi governa non comincia a dare l’esempio, se le piattaforme non si prendono le loro responsabilità e i media tradizionali non iniziano a rispettare pubblico e deontologia.
Non avevo previsto un appuntamento con Zona Negativa, questa settimana. Se l’avessi fatto, vi avrei parlato degli annunci del San Diego Comicon, vi avrei recensito (pur di partissima) Deadpool & Wolverine4 , avrei fatto qualche battuta su House of the Dragon e altre discussioni a sfondo nerd. Oppure avrei ironizzato sull’annuncio della presenza di una pluripregiudicata truffatrice a uno degli ennesimi festival “Comics” (che come già spiegato in più occasioni di comics hanno poco). Invece ho sentito l’urgenza di unirmi al coro di opinioni sul caso del momento. Spero però di avere spostato il focus di voi poche centinaia di fedeli lettori verso un tema più ampio e più… vero. Che poi è il contrario di fake.
A rileggerci,
– Marco
Edit per precisare quanto scritto in precedenza: condannato a quattro anni, ne ha passato uno in carcere in UK, poi in un mese in Olanda dopo l’estradizione e ha scontato il resto in libertà vigilata.
E se è per questo, pro-Trump nel 2016.
Salvo cascare ogni tanto in altre mitiche fake news, quelle dei post che iniziano con “Il sottoscritto non concede a Facebook etc etc”.
Mi è piaciuto, in breve. Qualche parola in più su IG.