54 | Robot e bambine selvagge
Di un film e un libro che sono apparentemente per bambini, di un paio di nuove recensioni per Storie da Spoon River e Common People e del panel sulla salute mentale alla scorsa LC&G
Che settimana che è stata.
Nelle ventiquattro ore successive al primo annuncio di una tregua a Gaza, i bombardamenti israeliani hanno causato altri 100 morti. L’amministrazione Trump sgomita per prendersi il merito del piano di pace1 ma ha già messo in moto il piano di “mass deportation”, che prenderà il via a Chicago mentre a Washington i MAGA e il loro vecchi e nuovi amiconi brinderanno all’insediamento2. Notizia di poco fa, ci sarà anche Giorgia Meloni (all’inaugurazione, non alle deportazioni). Sempre in USA, dal 7 di gennaio, cinque incendi sembrano ancora fuori controllo nell’area di Los Angeles. In tv si parla delle ville dei vip e circolano i video di attori sinceramente sofferenti, meno dei 27 morti al momento confermati. Questa visione parziale fa dimenticare che in quella città non vivono solo milionari e personaggi celebri, mettendo ulteriormente in secondo piano le persone comuni che hanno perso tutto.
Tra loro ci sono due fumettisti, che forse saranno familiari ad alcuni lettori abituali di queste righe: lo sceneggiatore Steven T. Seagle (Uncanny X-Men, Ben10) e il disegnatore Andrew Robinson (Spider-Gwen, Batman Black & White). Cliccando sui loro nomi trovate i link alle campagne di supporto. Non troverete grande supporto verso un altro autore, invece. Negli scorsi giorni, un lungo articolo su Vulture e ripreso da varie testate ha ripreso ed espanso delle testimonianze già uscite qualche mese fa e ha dipinto un ritratto disgustoso (e ben scritto e documentato) di uno dei più amati scrittori contemporanei, anche dal sottoscritto, Neil Gaiman, che qualche ora dopo ha smentito le accuse. Per me vale sempre il timore di cui ho scritto mesi fa per Ed Piskor ma rimane una grande amarezza. Ah, ed è pure morto David Lynch.
E non fatemi parlare dell’Italia.
Insomma, se questa newsletter si chiama Zona Negativa non sarà certo perché è permeata da ottimismo, no?
Il Robot Selvaggio
In un futuro prossimo venturo, un robot creato per servire finisce per caso su un’isola abitata da vari animali, senza alcun umano nei paraggi a fornire uno scopo a Rozzum-71343. La creatura dovrà imparare ad adattarsi e lo farà grazie agli animali stessi, trovando uno scopo insolito per un essere meccanico.
C’è una venatura di tristezza di fondo nel film The Wild Robot di Chris Sanders (quello di Lilo & Stitch, guarda caso), anche nei momenti più esilaranti o gioiosi. La morte, la legge del più forte, la crudeltà della natura sono apparentemente i temi principali del film Dreamworks, ma si rivela presto un racconto sulla genitorialità (la maternità in particolare), sull’autodeterminazione, sull’integrazione del “diverso” e sul rapporto tra l’uomo, il progresso e la natura, pur essendo assenti quasi del tutto gli esseri umani dal racconto. È un film commovente, con un cast di voci originale di alto livello (Lupita N’yongo, Mark Hamill, Catherine O’Hara, Bill Nighy, e un impeccabile Pedro Pascal).
Roz: I do not have the programming to be a mother.
Pinktail: No one does. We just make it up.
Dal punto di vista tecnico, pur non arrivando alle ambizioni dei film animati di Spider-Man della Sony o di Arcane, la cosa più interessante è l’integrazione del segno e dei colori usati per il robot Roz con l’ambiente circostante, fatto di “pennellate” grezze. La macchina si va via via integrando anche nelle apparenze con l’ambiente circostante.
Il libro di Peter Brown che ha ispirato il film ha generato due seguiti (che mi aspetto vengano entrambi trasposti in animazione), tutti editi in Italia da Salani.
Il film, invece, è disponibile sulle piattaforme online per l’acquisto e il noleggio e in dvd e blueray. Ve lo consiglio se anche voi, come me, ve lo siete persi al cinema.
Ania
Modern Times Edizioni ha pubblicato qualche mese fa questo libro che è molte cose. È un libro illustrato magnificamente, con un tratteggio preciso e un’impostazione delle tavole debitrice di Sergio Toppi, dal polacco Przemysław Trusciński alias Trust. È una fiaba dark che ricorderà certe visioni di Tim Burton, le più reali versioni delle fiabe dei Grimm e i viaggi lisergici di Alice, ma sta in realtà del mezzo. Trusciński, infatti, ha adattato le poesie del vescovo Piotr Mańkowski, scritte per educare le nipoti e che si ritiene siano risalenti probabilmente all’inizio del Novecento. Dunque Ania (in originale Andzia) è anche un’opera di recupero storico ambiziosa e riuscita: l’umorismo nero dell’uomo di chiesa è anche uno specchio dei tempi, di cosa si intendeva per “educazione”. Per quanto l’idea stessa di scrivere queste poesie sia molto moderna.
Il contrasto con la lettura nei tempi moderni (ecco) è ancora più forte e il risultato è forse ancora più divertente: Ania è una bambina discola e capricciosa che si catapulta in guai sempre più assurdi e dagli esiti sempre più splatter, in viaggi sognanti in giro per il mondo o dentro un vulcano. Un plauso va alla traduttrice Barbara Delfino: posso solo immaginare la complessità di tradurre quei versi dal polacco. Consigliato più agli adulti che ai bambini, ovviamente, ma consigliato.
Rassegna stampa
Anche questa settimana vi segnalo due recensioni per altrettante opere firmate dal sottoscritto. Sono molto contento dell’accoglienza che si sta riservando a Storie da Spoon River (disegni e colori di Deborah Allo, Feltrinelli) e I Wanna Live Like Common People (disegni di Lelio Bonaccorso, Fabio Franchi, colori di Francesco Segala, Roberto Megna, Panini Comics). Ma ancor più sono contento che chi li ha letti ha colto quello che avevo in mente con queste storie che sulla carta erano piuttosto complesse.
Su Dimensione Fumetto si parla di Spoon River:
Il libro è sceneggiato benissimo, gli incroci della trama fra i personaggi sono coerenti e completi. Viene voglia di rileggerlo fino a quando non si capiscano tutti i dettagli, i passaggi, i collegamenti. Fino a che non si riesca ad avere chiaro quale sia l’ordine temporale e quali personaggi tornino e ricompaiano nelle diverse storie. E dopo averlo letto tante volte, torna la domanda: “ma quella faccia in quale altro episodio l’avevo vista?”
E viene voglia anche di rileggere l’intera Antologia, per capire ancora meglio la selezione che contiene quest’opera, e magari per infittire la rete di relazioni tra gli abitanti di Spoon River.
E su MangaForever, storico sito di critica fumettistica, tocca a Common People:
“Si può trovare un parallelismo tra i chip della storia e il mondo dei social network, un’estensione della nostra vita che si sviluppa attraverso una tecnologia proprietaria e a cui diamo libero accesso alle nostre informazioni personali e, in un certo senso, alle nostre menti. Ma non è il solo tema sociale affrontato da Rizzo nel volume: si parte con un tragico evento che ricorda le tante morti di afroamericani uccisi per “errore” dalla polizia statunitense (e nel corso del volume ci sarà un ancor più disturbante rimando diretto alle morte di Eric Garner e di George Floyd, che scatenò il movimento di Black Lives Matter), ma si parla anche dell’influenza che possono avere le industrie tecnologiche nell’influenzare le politiche sociali e le stesse elezioni, e tanto altro ancora. Tutte tematiche che sono diventate sempre più attuali e urgenti da quando l’opera è stata ideata a quando è stata pubblicata, e ancor di più nei mesi successivi.”
Come stai?
Mi dicono – perché quando sono sul palco vado in trance e non mi riesco a vedere dall’esterno – che l’incontro intitolato Come Stai? sulla salute mentale, che si è svolto alla scorsa Lucca Comics & Games, sia stato tra i più apprezzati. È un incontro a cui tenevo e che mi terrorizzava allo stesso tempo, perché il tema mi sta particolarmente e personalmente a cuore e non è stato facile moderarlo… e non solo perché ero senza voce. Ne ho parlato con Giacomo Bevilacqua (A Panda piace… capirsi, Gigaciao), Francesca Torre (L’Età Verde, con Sara Malucelli, Il Castoro), Edo Massa (Pensi di stare meglio?, Minimum Fax) e Luca Cecchetti, Assistant Professor of Psychometrics - Scuola IMT. I tre autori hanno pubblicato a distanza di pochi mesi altrettanti libri che toccano il tema con approcci completamente diversi. Potete vedere integralmente l’incontro su YouTube, sul canale di LC&G:
È tutto, per questa settimana.
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A rileggerci!
– Marco
Che se avete letto gli articoli in merito dello scorso maggio vi ricorderà inevitabilmente quello dell’amministrazione Biden, ma qui si compete per le macerie.
E sarà al chiuso, visto il maltempo, con buona pace del neo presidente e della sua passione per le dimensioni delle adunate.
Il nome del personaggio omaggia Rossum's Universal Robots, testo teatrale del 1920 dello scrittore ceco Karel Capek e la prima opera in cui appare il termine “robot”.